Quanto contano i testi nelle canzoni: tra poesia, nonsense, suggestioni e ovvietà


Era il 1957. Mario Panzeri e Vittorio Mascheroni scrivevano "Casetta In Canadà". Affidata alle voci di Gino Latilla e Carla Boni, la canzone si classificherà quarta al festival di Sanremo. Tutti ne ricordano il ritornello: "Aveva una casetta piccolina in Canadà/con vasche, pesciolini e tanti fiori di lillà/e tutte le ragazze che passavano di là/dicevano che bella la casetta in Canadà!"

Oggi si guarda a certe strofe con simpatia, pensando che questa semplicità quasi fanciullesca non potrebbe regalare il successo ottenuto allora. Ma, a ben vedere, dopo più di 50 anni, il modo di scrivere i testi non è cambiato poi così tanto. C'è sempre chi ha un'ottima penna, chi punta a essere diretto e immediato, e chi utilizza una serie di parole senza seguire un filologico, i cosiddetti testi nonsense.

Prova ne è il successo deflagrante di Valeria Rossi del 2001 con "Tre Parole". Oltre 100.000 copie vendute, doppio disco di platino e premio rivelazione dell'anno al Festivalbar. Il titolo, così asciutto e poco ricercato, era il manifesto più giusto del testo: "Dammi tre parole: sole, cuore e amore/dammi un bacio che non fa parlare/è l'amore che ti vuole/prendere o lasciare/stavolta non farlo scappare".

Ma ancora più attuale e vincente è l'esempio de Il Volo, con il brano "Grande Amore", che ha trionfato al festival di Sanremo 2015. Il testo è privo di qualunque barocchismo e arriva all'ascoltatore dritto per dritto: "Dimmi perché quando penso, penso solo a te/dimmi perché quando vedo, vedo solo te/dimmi perché quando credo, credo solo in te grande amore/dimmi che mai/che non mi lascerai mai/dimmi chi sei/respiro dei giorni miei d'amore/dimmi che sai/che solo me sceglierai/ora lo sai/tu sei il mio unico grande amore".

E questo è un filone, quello in cui la melodia viaggia sempre un passo avanti rispetto alle parole e, se funziona quella, sopra ci si può cantare anche "tanto va la gatta al largo che va a prenderla il bagnino", che va bene uguale. Insomma, in questo caso, visto che il sound è azzecato, delle parole ci si accontenta. Ma siccome "chi si accontenta gode così così", per citare Ligabue, c'è anche chi tra i cantanti regala versi sublimi e pure in rima. Così si esprime il top player Fabrizio De Andrè in "Dolcenera": "Oltre il muro dei vetri si risveglia la vita/che si prende per mano a battaglia finita/come fa questo amore che dall'ansia di perdersi/ha avuto in un giorno la certezza di aversi [...]/così fu quell'amore dal mancato finale/così splendido e vero da potervi ingannare".

Oppure il sommo poeta Francesco Guccini in "Cirano", che si dovrebbe citare nella sua interezza per quanto è intrisa di parole legate dal filo del sublime: "Venite pure avanti, voi con il naso corto/ signori imbellettati, io più non vi sopporto/infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio/perchè con questa spada vi uccido quando voglio".

Altro comparto è quello di chi riesce a catturare l'attenzione con frasi semplici di vita vissuta, affreschi nei quali ciascuno di noi si ritrova e, di conseguenza, si immedesima. "Gli anni d'oro del grande Real/gli anni di Happy days e di Ralph Malph/gli anni delle immense compagnie/gli anni in motorino sempre in due", canta Max Pezzali ne "Gli Anni". "Mamma non vuole comprarmi la noce di cocco/e mi porta a bagnare la testa con l'acqua di mare/che il sole comincia a scottare". Un'esperienza che è presente nell'infanzia di molti, se non di tutti. E i Virginiana Miller lo sanno bene, tanto che lo scrivono in "Tutti Al Mare".

Un'altra tipologia di testo, che può sembrare più semplice da scrivere perché non segue una storia, un concetto, ma è un pò a briglia sciolta, è quello nonsense. E' qui che, di solito, si annida il genio e la sperimentazione più profonda. E non ci sono vie di mezzo: o nasce un capolavoro o viene fuori una cagata. In questo ambito possiamo annoverare molti testi di Elio E Le Storie Tese. Anche lo stesso Rino Gaetano spesso è stato etichettato come autore di testi con dei passaggi nonsense. In "Sfiorivano Le Viole", ad esempio, scrisse "Otto von Bismarck-Shonhausen per l'unità germanica/si annette mezza Europa/mentre io aspettavo te/Michele Novaro incontra Mameli/ e insieme scrivono un pezzo tuttora in voga/mentre io oh ye aspettavo".

Altri testi colpiscono invece per via della rima micidiale: "I tuoi occhi sono fari abbaglianti/e io ci sono davanti", cantavano Mal & The Primitives nel 1967.

Ci sono poi quelle canzoni che un significato ce l'hanno, anche se non si percepisce con facilità. I testi sono criptici e nient'affatto immediati. Scorrono nell'orecchio che, per disinteresse, distrazione o noncuranza si accontenta che il tutto suoni bene. Prendiamo ad esempio "Zeta Reticoli" dei Meganoidi: pezzo di grande successo, ma che vuol dire? Se qualcuno si è interrogato più di altri sul messaggio, tenda una mano a chi non lo ha fatto o a chi non c'è arrivato. Stesso discorso si può fare per "Voglio Una Pelle Splendida" degli Afterhours e, più in generale, per la maggior parte dei testi di Manuel Agnelli: "Stringimi o madre ho molto peccato/ma la vita è un suicidio l'amore un rogo/e voglio un pensiero superficiale/che renda la pelle splendida".

Chiudiamo con i testi demenziali, quelli costruiti per far sorridere scimmiottando qualcuno o qualcosa. Portabandiera del genere sono i Gem Boy. Provate a sentire "Orgia Cartoon", "L'Aiuola" o "Scuba". E che dire dei Nanowar: "(Giorgio Mastroooo) Cavalier custode dell'acciaio Inox/(Giorgio Mastroooo) Guerriero nordico di pura lana Merinos/Hai una pentola a pressione, e la paghi in comode rate/Cosa stai aspettando? Prendi la cornetta, Mondial Casa ti aspetta!", cantano nella metallica "Giorgio Mastrota".

In definitiva il testo conta, ma è la musica che fa sempre la parte del leone: una buona melodia con un testo anonimo può funzionare, una brutta melodia con un testo eccellente non ha le stesse possibilità di successo.

Temistocle Marasco

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